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Ospite accanto a me è Anna Lavatelli. Scrittrice.
È nata a Cameri, pochi chilometri da Novara, paese dove attualmente vive. Si è laureata in Filosofia all’Università Statale di Milano e ha insegnato per molti anni Lettere alle scuole medie.
Si dedica alla letteratura per ragazzi nel 1986, con un interesse particolarmente rivolto ai temi della società contemporanea in rapporto a giovanissime e giovanissimi.
Svolge attività di animazione progettando percorsi didattici di invito alla lettura.
Ha vinto molti premi tra i quali quello del Battello a Vapore nel 1993 e il premio Andersen nel 2005 come migliore autrice italiana con “Bimbambel” edito da Interlinea.
Per la collana ‘Rane’ di quell’editrice ha pubblicato molti libri; per copertine e sinossi clic sul sito web dell’autrice.
Lo spunto per quest’incontro – quando per i terrestri è il giugno 2016 – è dato dall’uscita di Il giallo del sorriso scomparso (illustrazioni di AntonGionata Ferrari) con il quale la casa editrice Interlinea festeggia i trent’anni d’attività letteraria di questa che ritengo, e non sono certo il solo, una delle maggiori firme italiane della letteratura per l’infanzia.

 

Benvenuta a bordo, Anna…
Ti saluto con parole di Hermann Weyl: “Se devo scegliere tra bellezza e verità, scelgo la bellezza”.
È il più bel saluto che potessi ricevere…
La stellare Irina Freguja che da patronne illumina lo storico Vecio Fritolin veneziano aperto nel 1700 (a sua insaputa), ci ha consigliato di sorseggiare durante la nostra conversazione una bottiglia diCalvarino Soave dell’Azienda Pieropan… cin cin!
Adesso ascoltami: il Capitano Picard è bravissimo, per lodarne la guida, a Roma direbbero “è un bel manico”, però noi nello spazio stiamo, schizziamo ”a manetta”, prudenza vuole che tu trasmetta sulla Terra, come sempre chiedo iniziando la conversazione con i miei ospiti, il tuo ritratto… interiore… insomma, chi è Anna… secondo Anna
Credo di unire dentro di me una solida concretezza e un irresistibile impulso immaginativo. La prima mi serve per vivere, il secondo per scrivere. Sono aperta agli incontri e alla conoscenza del nuovo, vorrei parlare tutte le lingue del mondo, per conversare con chiunque. Forse – come scrittrice – sono fin troppo cocciuta nel seguire un percorso letterario indipendente dai trend. Tendo a scegliere sempre un’opzione alternativa, e questo anche nella vita personale. Nel mio lavoro, mi affido ai sentimenti: mi lascio travolgere da belle storie  vere (belle anche nella loro drammaticità) che poi trasformo in narrazioni, col beneficio della finzione.
Immagina di rivolgerti ad una platea di non addetti ai lavori e illustrare loro la direzione e il senso della tua opera. Che cosa diresti?
Scrivo senza dimenticare che mi rivolgo a degli apprendisti lettori, che il mio compito principale è contribuire a formare la loro passione per la lettura libera e autonoma. Questo è il nord che segna la mia bussola, e che dà senso a tutto il mio percorso letterario. Ho sempre ben presente che la mia scrittura debba essere psicologicamente vicina al vissuto dei ragazzi, ma che debba anche osare qualcosa di più (nello stile, nella costruzione della trama, nella rappresentazione dei personaggi) affinché il lettore si affini e cresca nella sua capacità di godimento della lettura. So che il punto di vista da cui racconto può fare la vera differenza, indipendentemente dal soggetto. Mi sono data un’etica da seguire, che è un impegno di lealtà con il lettore, una responsabilità di fronte a giovani che possono essere facilmente imboniti o (altrettanto colpevolmente) indotti alla lettura come mero consumo.
Sei considerata l’erede di Gianni Rodari, qual è l’importanza di quell’autore nella storia letteraria italiana?
Si dice così di me? Non lo sapevo. La svolta letteraria di Gianni Rodari è stata senza dubbio il mio punto di partenza e gli anni del mio esordio ne sono stati profondamente plasmati. Le mie radici, insomma, sono lì. La bella lezione – la fantasia sposata all’impegno civile — resta e perdura, segnando una pietra miliare da cui non si può prescindere. Però la letteratura giovanile è andata avanti, o indietro, o a zig zag, ai posteri l’ardua sentenza. Non possiamo certo pietrificarla in Rodari, l’ha detto lui stesso in uno dei suoi racconti più esemplari: “La strada che non portava in nessun posto”. Il raggiungimento della mia maturità espressiva (qualunque sia il suo spessore) è stato possibile solo attraverso la presa di distanza dai modelli che più ho amato. E non basta averlo pensato e messo in atto. E’ importante dirlo. La consapevolezza ha il suo peso, riempie di senso il lavoro che faccio ogni giorno.
La letteratura per ragazzi è giustamente ritenuta una delle pratiche di scrittura fra le più difficili. Qual è, a tuo avviso, la sua principale difficoltà?
Visitare l’immaginario infantile con la sensibilità di un bambino e con la capacità di affabulazione di uno scrittore adulto, in una armonica interazione tra le due parti.
Quale giudichi il principale cambiamento avvenuto nell’immaginario infantile oggi che si confronta col vivere metropolitano, con i mezzi di comunicazione di massa, coi nuovi linguaggi delle “psicotecnologie” (© copyright Dennis De Kerchkove) portati dall’era elettronica?
Non sono così sicura che l’immaginario sia modificato dai nuovi mezzi e linguaggi. Si può leggere in un modo differente, ma la matrice del racconto – la sua sostanza  – non muta. Se leggiamo ancora Omero o i fratelli Grimm, è perché ogni essere umano che nasce parte da zero e da zero va costruendo il tessuto della propria esistenza, attraverso un percorso che non si può ereditare né accelerare. Usiamo altre modalità di comunicazione, diverse strumentalità, luoghi, modi e tempi di fruizione differenti… nuove ‘piattaforme’ insomma, ma non nuovi moti dell’animo. L’era elettronica sta creando dei videolettori, certo. Ma viaggiare con Astolfo sull’Ippogrifo pel sognato alone’ o navigare insieme al proprio eroe preferito su di un tablet ha comunque a che fare con la capacità di immaginare ciò che non c’è.
Il rimprovero - se ne hai più d’uno, qui lo spazio è quello che è, ti chiedo di scegliere il più grave  - che rivolgi all’editoria italiana per ragazzi?
Mi riferisco qui in particolare ai grandi editori per ragazzi: troppo marketing da fast-food e poco coraggio nell’investire in qualità letteraria. Nessuno sforzo collettivo per promuovere un progetto lettura nazionale, come c’è ormai dovunque in Europa, e che aspettiamo da troppo tempo ormai, per non essere più il fanalino di coda dell’Europa.
Ti nomino direttore generale della Rai approfittando di un momento di distrazione di Renzi.
Qual è la prima cosa che faresti in un palinsesto riservato ai ragazzi?
Premetto che non sarei in grado di assumere questo incarico. Non possiedo né le competenze, né il carattere necessario. Ma, supponendo che il presidente del consiglio di turno fosse al momento in tutt’altre cose affaccendato, mi piacerebbe circondarmi di uno staff altamente creativo e scatenato, che creasse un serial per ragazzi divertente, ironico, dal ritmo incalzante, dove mostrare come difendersi dai miti mediatici e dal marketing, mettendo alla berlina anche l’infantilismo di molti programmi per adulti. Titolo del programma: “Bambino sarai tu”. E quasi quasi ci metto il marchio SIAE, così non mi rubano l’idea…
… ecco, questa è una prudenza che mi piace.
L’Associazione “La bella lingua”, ha redatto tempo fa un manifesto in difesa della lingua italiana sottoscritto da molti autori e operatori culturali; per citarne solo alcuni: Guido Ceronetti, Francesco De Gregori, Ernesto Ferrero, e tanti altri.
Da chi e da che cosa, secondo te, va difesa, se va difesa, oggi la lingua italiana?
La lingua italiana va difesa da se stessa, dall’uso scorretto che se ne fa. Difendendo in primo luogo il congiuntivo, il condizionale e il futuro, che stanno scomparendo, complici anche i mezzi di comunicazione. Difendendo l’uso del ‘lei’ e di molte formule di cortesia (che non hanno solo un valore formale), stimolando l’arricchimento lessicale attraverso l’uso di sinonimi meno standardizzati. Infine potrebbe aiutare un più attento editing nei giornali e nei libri. Non si va neanche più a capo decentemente, per esempio. E troppo frequenti sono gli ‘errori del proto’, anche perché il proto è scomparso. Certe volte apri il giornale (o un libro) e ti si rizzano i capelli in testa.
Prima di lasciare i miei ospiti di questa taverna spaziale, li costringo crudelmente a fare una riflessione su Star Trek, non necessariamente elogiativa… come sai, Roddenberry ideò il suo progetto avvalendosi non solo di scienziati ma anche di scrittori, e non soltanto di fantascienza, tanto che ST risulta ricca di rimandi letterari sotterranei, e talvolta non troppo sotterranei…che cosa rappresenta quel videomito nel tuo immaginario? Ammesso che qualcosa rappresenti, s’intende…
La mia Star Trek vede come attori principali (e miei favoriti) Leonard Nimoy (Spock) e William Shatner (James T.Kirk). Li seguivo agli inizi degli anni ’70 sulla TSI, la televisione svizzera italiana, da Novara si poteva. Nel mio immaginario, i due ‘eroi’ erano la speranza che quel cielo pieno di stelle che vedevo di notte dal giardino di casa mia potesse diventare l’avventuroso ‘trek’ dei futuri pionieri dello spazio. E che gli uomini a bordo in quei viaggi futuri fossero tutti come il ‘pius Aenas’ Spock o come il ‘callidus Ulixes’ capitano Kirk.
Siamo quasi arrivati a Lavatelli-A, pianeta abitato da alieni che ai propri figli fanno leggere solo libri di un autrice italiana nata a Cameri… se devi scendere, ti conviene prenotare la fermata. Stoppiamo qui l’intervista, anche perché è finita la bottiglia di Calvarino Soave consigliata  da Irina Freguja patronne dello storico Vecio Fritolin veneziano…
“I would prefer not to”, come Bartleby lo scrivano.
Pericolosissimo il pianeta dove si legge un solo autore. Non fa proprio per me.
C’è un’altra bottiglia di Calvarino Soave giù in cambusa?
…ma certamente, vuoi che mi lasci sorprendere senza quella delizia?
Ora siamo ai saluti e ti dico com’è d’obbligo sull’Enterprise: lunga vita e prosperità!

 

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