Questo non è un libro ‘sui’ gulag, più un incontro ‘drammatico’ tra il presente e il passato, in cui la testimonianza di Olga aiuta a Katia a maturare.
Per ogni testimone della Storia disposto a raccontare occorre sempre qualcuno che sappia ascoltare e trasmettere i ricordi. Ma non sempre è facile, non sempre si può. Qui da una parte c’è Olga, un’ anziana apparentemente scorbutica, dall’altra Katia, una ragazza annoiata e scontenta. Lo scontro iniziale si trasforma in incontro e in racconto di sé. E il passato terribile dell’una diventa voglia di vivere più pienamente per l’altra. Si parla dei gulag, in questo romanzo, ma anche del senso da dare alla nostra vita, nel mondo in cui viviamo adesso.
Il tema è assolutamente nuovo, nel mondo della letteratura infantile, e di grande impatto mediatico: la rottura di un silenzio sulla bipolarità (politica e sociale) del male. Sono stata molto stringata nel raccontare la via crucis della protagonista, non amo gli effetti speciali. In questo mondo gridato c’è bisogno anche di silenzi. E poi credo che non bisogna raccontare tutto, a dei ragazzi così giovani (forse neanche agli adulti, dopotutto i vuoti si possono colmare). Quello che emerge è già potente, da solo basta a muovere l’immaginazione e a toccare il cuore (quando un cuore c’è). Non ci sono imbonimenti, prediche o messaggi, che mi fanno venire il voltastomaco, soprattutto quando hanno a che fare con le lacrime e il sangue di persone e fatti reali.
Breve indizio di trama